Siamo stanchi di registrare, quasi quotidianamente, un nuovo episodio di aggressione alla funzione difensiva in Turchia.

È di oggi la notizia dell’arresto, con l’accusa pretestuosa di corruzione, del Collega Mehmet Pehlivan, la cui unica colpa è di essere il difensore del Sindaco di Istanbul Ekrem Imamoglu che ha osato schierarsi e candidarsi contro il tiranno Erdogan.

Lo ripetiamo incessantemente da anni: l’Avvocatura è sempre sotto attacco in quei paesi i cui dittatori vogliono sopprimere la libera manifestazione del pensiero, reprimere il dissenso e governare con metodi totalitari.

La Comunità Internazionale, per prima quella Europea alla quale la Turchia ha chiesto da tempo di aderire, e l’Italia non possono violare i principi condivisi e venir meno agli impegni assunti con la sottoscrizione della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e di tutti gli altri trattati che garantiscono, tra i diritti fondamentali, anche la libertà di manifestazione del pensiero e il diritto di difesa e, per tale ragione, devono censurare con fermezza le aggressioni nei confronti dell’Avvocatura e rifiutare ogni forma di cooperazione con i Paesi che le commettono.

Un forte segnale sarebbe costituito dalla immediata ratifica da parte del nostro Paese della Convenzione per la Protezione della Professione Forense, adottata dal Consiglio d’Europa lo scorso 12 marzo, con al quale gli Stati firmatari si impegnano a garantire la libertà di esercizio della professione senza discriminazioni, indebite pressioni o atti di violenza e riconoscono il diritto degli avvocati a esprimersi liberamente su questioni legali e di giustizia, senza subire conseguenze negative o ritorsioni, oggi quanto mai necessaria e urgente.