Intervenire sul sovraffollamento delle carceri è una questione di rispetto della dignità umana
L’Organismo Congressuale Forense (OCF) esprime forte contrarietà rispetto alle recenti dichiarazioni che, secondo quanto riportato dalla stampa, il Sottosegretario alla Giustizia, Avv. Andrea Delmastro Delle Vedove, avrebbe pronunciato al termine delle sue visite nelle carceri di Brindisi e Taranto.
La decisione del Sottosegretario di rivolgersi esclusivamente al personale penitenziario, escludendo deliberatamente qualsiasi dialogo con i reclusi (“la Mecca dei detenuti”), non è in linea con il ruolo istituzionale e anzi può apparire come un tentativo di creare un’inaccettabile frattura ideologica all’interno dell’ordinamento.
Tali dichiarazioni contraddicono apertamente i principi costituzionali di umanità e dignità che devono guidare il trattamento dei detenuti, come sancito dall’art. 27 della Costituzione e come costantemente sostenuto dall’Avvocatura.
Siano esse in attesa di giudizio o condannati, sono persone private della libertà, non della loro umanità: la scelta del Sottosegretario di evitare il confronto e di utilizzare tali espressioni ha l’unico effetto di banalizzarne e disprezzarne le condizioni.
La nostra Costituzione è chiara: ogni persona, indipendentemente dalle sue colpe, ha diritto a un trattamento dignitoso e umano, ed è responsabilità delle istituzioni, e quindi del Ministero della Giustizia, assicurare che ciò avvenga.
Per questo, l’Avvocatura ribadisce il proprio impegno nella difesa dello Stato di diritto e della dignità di ogni persona, principi non negoziabili in una democrazia matura, ribadendo la propria volontà di continuare a vigilare e ad agire affinché questi valori siano rispettati a tutti i livelli istituzionali.
Alla luce di quanto sopra, l’OCF chiede al Ministro della Giustizia, On. Carlo Nordio, di intervenire immediatamente per chiarire la posizione del proprio Dicastero in merito alle suddette affermazioni e per assumere i provvedimenti più opportuni, insistendo ancora una volta sulla necessità dell’avvio di un serio dibattito politico sulle condizioni del sistema penitenziario italiano, che eviti sterili contrapposizioni e si concentri invece sulle reali problematiche, incluso l’allarmante numero di suicidi tra detenuti e agenti.